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Il sogno di Mariarosa

Il sogno di Mariarosa



Mariarosa era una donna dolce, affettuosa, sensibile e di animo generoso, aveva completa fiducia negli altri e riusciva sempre a vedere il lato buono di ogni cosa.
Sposata da tanti anni ad un uomo con il quale manteneva un rapporto di grande affetto, Mariarosa aveva un unico figlio, Armando, un bel ragazzo di ventisei anni che viveva ancora nella casa dei genitori.
La vita in famiglia scorreva tranquilla e serena e la donna cercava di fare in ogni modo per compiacere i suoi due uomini, comportandosi da buona moglie e da madre attenta e premurosa.
Fidanzato con una ragazza conosciuta ai tempi del liceo, Armando era il tipico ragazzo dei nostri tempi che divideva il proprio tempo tra il lavoro, gli amici, lo sport e la fidanzata.
Oberato com’era da tutti questi impegni, in casa ci rimaneva poco e sua madre comunque non se ne lamentava, vedendolo sereno e soddisfatto.
A dispetto dei suoi cinquantaquattro anni Mariarosa aveva ancora un aspetto molto piacente e le curve generose ed armoniose del suo corpo attiravano ancora gli sguardi ingolositi di parecchi uomini, anche ben più giovani di lei; ma la cosa, pur lusingando il suo lato femminile, non l’aveva mai indotta a tradire il proprio marito.
Anche se, per la verità, nella sua fantasia ciò era avvenuto più volte. Ma si era sempre trattato di qualche fugace momento, qualche pensiero peccaminoso rivolto magari nei confronti di uno sconosciuto che l’aveva spogliata con lo sguardo incrociandola per strada o in un negozio e del quale dopo pochi istanti non ricordava neppure l’esistenza.
O magari nei confronti di qualche amico di Armando, quelli che ogni tanto vedeva girare per casa. Un paio di loro erano davvero dei bei ragazzi, ma il solo pensiero che fossero amici del figlio le faceva immediatamente passare ogni fantasia sessuale.
Eppure, nel profondo più profondo del suo immaginario erotico la presenza di Armando era una costante. Non che avesse alcun desiderio nei suoi confronti. Figuriamoci! Il solo pensare di avere qualsiasi tipo di contatto sessuale la faceva semplicemente inorridire, però da quando le era capitato di vederlo casualmente nudo, mentre usciva dalla doccia con il membro eretto, quella immagine le tornava spesso alla mente.
E, quel che era peggio, le era capitato di sentirsi profondamente turbata quando, pochi giorni dopo quella casuale visione, aveva trovato nella tasca dei calzoni di Armando un fazzoletto sporco di sperma ormai rinsecchito.
Probabilmente ieri sera è uscito con la fidanzata ed ha avuto un rapporto con lei, si disse Mariarosa, è del tutto normale. Ma il pensiero di quel membro eretto, il membro di suo figlio, nell’atto di eiaculare, la colpì come uno schiaffo turbandola nel profondo. E nonostante cercasse di allontanarla dai suoi pensieri, l’immagine di quel grosso membro eretto che si scaricava dentro un fazzoletto le tornava alla mente con sempre maggiore frequenza.
Oltretutto l’aveva colpita la quantità di sperma che doveva avere rilasciato. Pensando istintivamente alle macchie che lasciava il marito sul lenzuolo quando facevano l’amore, e confrontandole mentalmente con quella trovata sul fazzoletto, immaginò che quella sera Armando avesse goduto più volte o, in alternativa, che fosse una specie di fenomeno capace di produrre quantità impressionanti di sperma.
A quel pensiero le si materializzò negli occhi il viso di Elisa, la fidanzata di Armando, lo vide proteso in avanti, pronto ad accogliere gli spruzzi che il membro eretto di suo figlio stava per lanciare con violenza contro quel volto sbarazzino incorniciato da un caschetto di corti capelli neri. Lo vide, sorridente e soddisfatto, completamente imbrattato dallo sperma di suo figlio.
Ecco a cosa era servito il fazzoletto, si disse, a ripulire il viso di quella troietta. Si accorse, con vergogna, di provare un moto di gelosia nei confronti di Elisa.
Mi sto ammattendo, si disse infine cercando di cancellare dalla mente l’immagine di quel viso ricoperto dal seme di suo figlio. Poi, per tranquillizzarsi, si disse anche che era del tutto normale che una madre fosse un poco gelosa del proprio unico figlio.
Passarono i giorni, ma quelle immagini e quei pensieri non andavano svanendo; anzi, ritornavano sempre più spesso e Mariarosa ne soffriva perché le parevano contro natura. L’ultima cosa cui pensava sarebbe stata un contatto sessuale di qualsiasi tipo con Armando, eppure la visione di lui che si svuotava i testicoli pieni sulla faccia di Elisa non riusciva proprio ad abbandonarla.
Una notte si svegliò di colpo tutta sudata. Aveva fatto un brutto sogno, un sogno che la lasciò profondamente turbata e non la fece più riaddormentare.
Aveva sognato di trovarsi lei al posto di Elisa; di essere lei, con gli abiti discinti che lasciavano generosamente scoperte le sue forme muliebri ed il volto proteso in avanti, ad accogliere le bordate di sperma che il suo Armando le scaricava copiosamente addosso. Per giunta, al momento del repentino risveglio si era accorta di essersi bagnata tra le gambe, segno evidente che nel sogno quella sborrata i****tuosa le aveva dato piacere.
Ma i sogni, per fortuna, svaniscono velocemente anche se lasciano sempre un ricordo dentro di noi, magari nell’inconscio più profondo, però lo lasciano.
E nell’inconscio di Mariarosa si andava radicando quel pensiero inconfessabile, quel pensiero che quando affiorava in superficie la faceva vergognare di se stessa. Il pensiero del membro eretto di suo figlio che sputava prepotente il suo seme sul volto di Elisa ed il desiderio, ancora più inconfessabile, che quel volto fosse il suo, quello di Mariarosa.
Sono solo fantasie, si diceva, tutti hanno delle fantasie. Figuriamoci se io mi farei mai sborrare in faccia da Armando! E’ una pazzia!
Ma il destino talvolta è cinico e baro, ed un sabato pomeriggio in cui Armando aveva udito la madre uscire da casa, ma non l’aveva udita rientrare, successe ciò che Mariarosa paventava e che, negli abissi del suo intimo, in fondo desiderava.
Il ragazzo aveva litigato con Elisa; niente di grave, però da alcuni giorni non si vedevano e lui sentiva fortemente la sua mancanza, aveva voglia di fare sesso, di svuotarsi i testicoli.
Credendo di essere solo in casa si era sistemato in camera sua, davanti ad un bel porno, e si stava masturbando con soddisfazione pregustandosi l’imminente sborrata. Erano giorni che non si svuotava e intendeva farsi una bella goduta, per cui cercava di ritardare in tutti i modi l’attimo finale, ben sapendo che in quel modo avrebbe accresciuto il piacere.
Dopo essere riuscito più volte a trattenersi si accorse di essere ormai giunto al punto di non ritorno. Con un brivido che lo percorse per tutto il corpo sentì il piacere risalirgli dai lombi e si alzò dalla sua poltroncina per potersi svuotare meglio.
In piedi al centro della sua piccola stanza, inarcò il corpo in avanti e socchiudendo gli occhi si predispose a farsi una sborrata che si stava preannunciando colossale.
In quel preciso istante si aprì la porta e Mariarosa si trovò di fronte al figlio che, col cazzo in mano, un cazzo enorme, dritto e duro come pietra, stava per lanciare i suoi schizzi, e proprio nella sua direzione.
Fu un attimo. I due si guardarono, basiti dallo stupore, incapaci entrambi di profferire parola.
Fu lei a ritrovare per prima la parola.
Armando!
Mamma!
Spostati, avrebbe voluto aggiungere il figlio, ma ormai era troppo tardi.
Il piacere, troppo a lungo trattenuto, non poteva più essere fermato.
Forse Mariarosa, intuendo immediatamente quanto stava per succedere avrebbe potuto spostarsi anche senza che il figlio glielo dicesse; e forse, anche lui, avrebbe potuto voltarsi in modo da non indirizzare gli schizzi proprio in direzione della madre. Nessuno dei due, però, si mosse, ed accadde l’inevitabile, ciò che Mariarosa aveva per tanto tempo temuto e desiderato.
Per la verità, non è giusto dire che nessuno dei due si mosse, giacché in realtà fecero entrambi, forse inconsciamente, un mezzo passo l’uno verso l’altro, tanto che quando dal cazzo di Armando, che puntava dritto la cappella contro di lei, partirono le prime bordate, madre e figlio non si trovavano a più di mezzo metro l’una dall’altro.
Perdonami, mamma, perdonami, fu tutto ciò che riuscì a dirle suo figlio mentre le scaricava addosso la più grossa sborrata della sua vita.
La donna, che era appena rientrata da un giro di shopping in centro, indossava un bell’abito blu, calze scure e scarpe col tacco, ed era anche ben pettinata e leggermente truccata.
Insomma, era particolarmente piacente, ed Armando, nonostante l’imbarazzo per quanto stava capitando, non potè trattenersi dal pensare che stava lanciando i suoi schizzi contro una bella donna, cosa che non fece altro che aumentarne l’intensità, la quantità e la potenza.
Mariarosa, dal canto suo, incapace di reagire, si abbandonò silenziosamente al destino e lasciò che Armando si svuotasse fino all’ultima goccia su di lei.
Come rivivendo il sogno fatto tanti giorni prima si lasciava investire dai lunghissimi schizzi, spessi e collosi, che andavano a spiaccicarsi sul suo bel vestito blu, sulle sue calze velate e, soprattutto, sul suo viso, che, forse inconsciamente, protese in avanti per poterli prendere meglio.
Dopo la prima raffica di bordate, sparata con schizzi potentissimi, che la lasciarono completamente imbrattata, credette che suo figlio si fosse completamente svuotato, ed invece dopo qualche istante di tregua quello riprese a sborrarle addosso.
Perdonami, mamma, disse di nuovo, ma io devo ancora sborrare, non ho ancora finito.
E così dicendo le indirizzò proprio sul viso una seconda bordata, meno potente ma altrettanto copiosa della prima.
E così si conclude la nostra breve storia. Per quanto ne sappiamo Mariarosa e suo figlio non parlarono mai di quanto era successo. Lui tornò dalla sua Elisa e la madre, finalmente esaudito quell’insano desiderio che tanto l’aveva torturata, se ne liberò per sempre.

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